La liberazione di Firenze e il ripristino dei servizi cittadini

Di AndreaGatti

La Liberazione

Nei due mesi che separarono la liberazione di Roma da quella di Firenze, gli eserciti alleati trovarono sulle colline del Chianti un’inaspettata resistenza da parte delle forze tedesche in ritirata. A Firenze, mentre la popolazione viveva in uno stato di crescente tensione, le forze della Resistenza si stavano organizzando, anche se l’attività della polizia politica fascista, della famigerata banda della Carità e della Gestapo, creava seri problemi alle azioni dei patrioti.
Anche le condizioni di vita nell’area urbana di Firenze si deteriorarono continuamente, raggiungendo l’apice durante e subito dopo la liberazione della città.
Il 7 giugno, la trasmittente clandestina Radio Cora fu scoperta dai nazifascisti e tutti gli operatori furono fucilati. Solo cinque giorni dopo, tuttavia, questo servizio, descritto dagli Alleati come “uno dei migliori servizi di informazione militare con cui siamo stati in contatto su tutti i fronti”, fu riattivato e rimase in funzione fino alla liberazione della città. A luglio, il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (C.T.L.N.) diede ordine alle formazioni partigiane raccolte intorno a Firenze di convergere sulla città. Si trattava di un totale di circa 3.000 uomini. Il 29 luglio, il comandante militare tedesco a Firenze ordinò l’evacuazione dei cittadini dai quartieri che si affacciavano sull’Arno, e diverse migliaia di abitanti (tra cui i circa 5000 rifugiati a Palazzo Pitti) furono costretti a trasferirsi in alloggi di fortuna.
Non è un caso che nel solo comune di Firenze il numero totale di morti nel 1944 (9356) superò di quasi 3700 unità quello dell’anno precedente. Questa cifra vale a dare un’idea approssimativa degli effetti dell’ultima fase del conflitto: alle diverse centinaia di morti causate dai combattimenti, dai bombardamenti o dello scoppio di ordigni, si aggiunsero i decessi causati da epidemie localizzate e in generale dal peggioramento delle condizioni di vita [1]. Il 31 dello stesso mese, i genieri tedeschi iniziarono a minare i ponti sul fiume; solo il Ponte Vecchio si salvò, al prezzo, però, della distruzione dei quartieri medievali di Por Santa Maria e di Via Guicciardini, le cui rovine furono anch’esse minate. Il 1° agosto gli Alleati attraversarono il fiume Pesa e si insediarono sulle colline in vista della città; il 3 agosto, il comando tedesco dichiarò lo stato di emergenza a Firenze. Fu allora che i membri fiorentini del C.T.L.N. si riunirono in seduta permanente in attesa di dare l’ordine di insurrezione. Nella notte del 3 agosto, i genieri tedeschi fecero esplodere le cariche che avevano preparato, distruggendo i ponti di Firenze. All’alba del 4 agosto, le prime avanguardie sudafricane dell’VIII Armata britannica arrivarono a Porta Romana e penetrarono in Oltrarno insieme ai combattenti del C.T.L.N.

4 Agosto 1944 – Guardando l’Arno verso la torre di Palazzo Vecchio, nelle cui vicinanze gli edifici bruciavano furiosamente. No. 2 Army Film and Photo Section, Army Film and Photographic Unit Sgt. Menzies – IWM NA_017609.


Nello stesso periodo, i genieri tedeschi piazzarono numerose mine anticarro e cariche sui ponti sul fiume Greve vicino a Ugnano e Mantignano, nella stazione idrica di Mantignano e numerose mine anticarro furono piazzate anche nelle strade.

24-07-1944 – Firenze – [Pionieri ?] con martello e scalpello che rimuovono le pietre della pavimentazione del Ponte Vecchio; Lfl 2 – Bundesarchiv Bild 101I-480-2227-10°
24-07-1944 Firenze – Soldati tedeschi (pionieri?) con martello e scalpello rimuovono le pietre di pavimentazione sul Ponte Vecchio – sullo sfondo il Ponte di Rubaconte (Ponte alle Grazie) e Porta San Niccolò. PK Lfl 2 – Bundesarchiv Bild 101I-480-2227-21°. Notare la “I” sulla colonna: stava ad indicare la presenza, nelle vicinanze, di un idrante antincendio, disponibile per l‘utilizzo da parte delle squadre di protezione antiaerea.

La notte del 3 agosto, i genieri tedeschi fecero esplodere le cariche che avevano preparato sul ponte di servizio sul fiume Greve, quello che portava l’acqua dalla stazione idrica di Mantignano verso Firenze. Solo un ponte sulla Greve, controllato dai tedeschi, era ancora in piedi: quello di Mantignano, popolarmente chiamato “Ponte dei Cazzotti”.
Gran parte della città rimase senz’acqua. La mattina del 4 agosto, il Ponte dei Cazzotti era presidiato da una pattuglia tedesca che fu avvicinata da alcuni abitanti del luogo che cercarono di dissuadere i soldati dal causare ulteriori distruzioni e disagi. Tra questi c’erano Ascanio Taddei, operaio diciottenne, comandante della Squadra di Azione Patriottica (SAP) di Ugnano e Mantignano, suo fratello Renato, Alimo e Ivan Cini, Silvano Masini, Gino Romoli e Gino Del Bene entrambi di San Bartolo, e altri. Dopo le trattative, i tedeschi tornarono al Comando.
I partigiani della SAP, nel frattempo, ne approfittarono per rendere innocue le mine poste sotto le arcate del ponte. Poco dopo, i tedeschi tornarono con l’intenzione di farlo saltare. Vedendo che le mine erano state disattivate, si rivoltarono contro i partigiani e iniziarono uno scontro a fuoco vicino al “ponticello”; lo scontro volse a favore dei partigiani e i tedeschi si ritirarono, stabilendosi sulla riva nord dell’Arno.
Nelle prime ore del pomeriggio del 4 agosto, la squadra partigiana, aiutata dalla SAP di San Giusto comandata da Cesare Ciappi, decise di disattivare le mine piazzate dai tedeschi alla centrale di pompaggio di Mantignano: dopo aver verificato che non ci fossero tedeschi all’interno, i partigiani entrarono nell’edificio da una finestra laterale e procedettero allo sminamento delle pompe di spinta.

L’azione di sminamento all’interno della centrale di Mantignano (acquerello di Roberto Fiordiponti)

Terminati i lavori all’interno dell’acquedotto, il gruppo si diresse verso via di Fagna, nei pressi della chiesa di Santo Stefano a Ugnano, per continuare le operazioni di sminamento. Alla fine della giornata, nelle file dei partigiani della 1ª zona SAP si contano cinque morti: Gino Catarzi, Gino Del Bene, Alfredo Marzoppi, Silvano Masini, al comando di Ascanio Taddei [4].
Il giorno successivo fu lanciata una linea telefonica segreta attraverso il Corridoio Vasariano sul Ponte Vecchio: le forze di liberazione e le forze della Resistenza in attesa nella città occupata entrarono così in contatto. Nei giorni successivi, fino al 10 agosto, gli Alleati e i partigiani combatterono i nazisti dalla riva sinistra dell’Arno con una serie di duelli tra tiratori scelti, mentre i mortai tedeschi, appostati a Fiesole e a Monte Morello, martellavano l’Oltrarno. Nella notte tra il 10 e l’11 agosto, le truppe della Wehrmacht si ritirarono dal centro della città per prendere posizione sulla linea dei viali di circonvallazione.
Alle 7 dell’11 agosto, il C.T.L.N. emise l’ordine di insurrezione; la Martinella di Palazzo Vecchio e la campana del Bargello diedero il segnale con i loro rintocchi; i combattimenti contro i tedeschi iniziarono immediatamente, mentre a Palazzo Medici Riccardi si riuniva il governo provvisorio della città, che assunse tutti i poteri civili e militari. Questo nominò il sindaco, Gaetano Pieraccini, e la giunta comunale, nonché il presidente della provincia, Mario Augusto Martini, e la giunta provinciale; e, mentre si combatteva lungo la linea della Fortezza da Basso e dei viali, si adoperò per garantire i servizi essenziali ai cittadini della Firenze già liberata.
I combattimenti continuarono fino al 20 agosto, quando i tedeschi abbandonarono anche la parte nord di Firenze. Gli alti ufficiali alleati, accolti dal sindaco Pieraccini e dai membri del C.T.L.N., scrissero nei loro rapporti ufficiali che l’aver trovato sulla strada della loro avanzata una città che si era liberata da sola ed era già in grado di governarsi in maniera autonoma era “un fatto nuovo mai incontrato durante tutta la campagna d’Italia”. La battaglia di Firenze era finita e vinta.
In queste settimane si verificarono gravi problemi nell’approvvigionamento di cibo e acqua potabile, oltre che nella gestione dei servizi ospedalieri e di pronto soccorso. La distruzione dei ponti aveva portato alla distruzione di tutte le condutture che collegavano le due sponde dell’Arno; si salvarono solo le due condutture del Ponte Vecchio. Il lavoro di ripristino dei principali servizi della città – acqua, elettricità, strade, fognature, sminamento e ospedali – fu opera dei corpi del Genio dell’8a Armata britannica e della 5a Armata americana.
Il lavoro di ripristino dei servizi della città fu iniziato in agosto e alla fine di settembre gran parte di esso era stato portato a termine. I lavori continuarono, tuttavia, per tutto l’inverno e la primavera, con la riparazione costante dei servizi per servire un’area sempre più vasta. Il lavoro è stato dapprima sotto il diretto controllo del tenente colonnello G. W. Barris, 73rd CRE, e dopo il 12 gennaio 1945, sotto il 77th CRE, comandato dal tenente colonnello A. J. Kennedy.

La riabilitazione di Firenze

Army Engineer Troops

L’Ottava Armata arrivò il 4 agosto 1944, e il corpo principale dal 10 al 12 agosto 1944. Le unità erano sotto il comando del maggiore J. E. Fennellow, R. E., e consistevano in:

  • 278th Works Section, R.E.
  • 158th Bomb Disposal Platoon, R. E.
  • 1st Canadian Drilling Section, R.C.E. () • Detachment, 290th Army Troops (*)

Forza totale di 95 unità, compresi tutti i gradi.

(*) ritirato quando la quinta armata ha preso il comando.


La quinta armata arrivò il 23 agosto 1944 e il corpo principale dal 24 al 31 agosto, tranne una compagnia che arrivò il 19 settembre.
Era composto da:

  • 73rd C.R.E. Works
  • 588th Army Troops Company. R.E.
  • 697th Artisan Works Company, R.E.
  • 698th Artisan Works Company, R.E.
  • 287th Works Section, R.E.
  • 88th Mechanical Equipment Platoon, R.E.
  • 15th Stores Section, R.E.

Forza totale di 921 unità, compresi tutti i gradi.

Altre truppe furono coinvolte per portare l’elettricità a Firenze:

  • 540th Electrical and Mechanical Company, R.E.
  • 92nd Engineer Regiment

La 540th Electrical and Mechanical Company, R.E. era, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, una compagnia del Renfrewshire Fortress Engineers, R.E. e l’organizzazione di questa unità era la seguente:

  • HQ at Fort Matilda, Greenock
  • No 1 (Electric Light and Works) Company at Greenock
  • No 2 (Electric Light and Works) Company at Greenock


L’unità fece parte delle difese della costa di Clyde durante la prima parte della guerra; il 5 dicembre 1940 una compagnia fu convertita nella 540th Electrical and Mechanical Company, R.E., nella Riserva del War Office, destinata al servizio all’estero. La 540th Electrical and Mechanical Company, R.E. prestò servizio nella Campagna d’Italia 1943-45.

Approvvigionamento idrico

Firenze, quando fu raggiunta dagli eserciti alleati, non aveva acqua se non quella fangosa dell’Arno. L’acqua potabile della città in origine veniva pompata elettricamente da tre punti sulla riva sud: l’Anconella, che ha pozzi e un letto di filtraggio; San Niccolò, una stazione di spinta dall’Anconella; e i pozzi di Mantignano. I primi due furono nelle mani degli Alleati dal 12 agosto; Mantignano solo dal 5 settembre.

Le pompe di spinta della centrale di Mantignano

Tutti i tubi che attraversavano il fiume erano stati demoliti con la distruzione dei ponti, tranne i due del Ponte Vecchio. Questo famoso ponte era l’unico rimasto in piedi, ma per impedirne l’uso immediato i tedeschi demolirono le case alle due estremità e seminarono i detriti con abbondanza di mine: così abbondantemente, che tre dei nove posatori tedeschi rimasero infatti uccisi dalle loro stesse mine. Anche la condotta proveniente da Mantignano era stata distrutta nel punto in cui attraversava il fiume Greve, ma la pompa ausiliaria era stata preservata dall’azione di sminamento dei partigiani della 1ª Zona SAP.
Una piccola squadra di genieri della 8th Army si mise all’opera per far arrivare di nuovo l’acqua in città. Furono creati tre punti per la fornitura, uno sulla sponda sud il 10 agosto e due sulla sponda nord il 16 agosto: entro il 18 dello stesso mese, 1.200.000 galloni al giorno venivano pompati attraverso Ponte Vecchio. Solo uno dei tubi poteva essere utilizzato anche se con delle perdite, ma l’acqua raggiungeva gli idranti stradali per un raggio di mezzo miglio dall’estremità nord del ponte. Per assicurare il servizio fu utilizzato un motore a benzina vecchio di 23 anni, motore fece funzionare la pompa fino all’8 settembre, quando esso si guastò irrimediabilmente; al suo posto fu quindi installato un nuovo motore diesel. Fu anche individuato un piccolo generatore che, collegato alla pompa del gruppo diesel di filtraggio, produsse energia sufficiente per far funzionare una seconda pompa.
Le tre vecchie turbopompe di San Niccolò, reliquie dell’originario approvvigionamento idrico pre-elettrico, furono revisionate e messe in funzione e fu necessario montare una nuova paratoia. Tutto il lavoro fu fatto il 12 agosto, sotto il fuoco tedesco: con grande disappunto, un’unità della Divisione fece saltare la paratia la notte stessa per recuperare una pattuglia, e dovettero così costruirne un’altra.
Il 23 agosto subentrò la 5th Army americana.
Non si poté fare di più per aumentare la fornitura fino a quando non fu disponibile l’elettricità, ma fu comunque completata l’installazione di un altro motore diesel fornito dalla 8th Army e fu riparata e collegata una piccola stazione di produzione, tre miglia a monte.
I continui cannoneggiamenti da parte dei tedeschi in ritirata resero il lavoro di ripristino della linea elettrica un’attività molto pericolosa; nonostante le difficoltà, il primo settembre il totale giornaliero dei rifornimenti idrici era salito a 2.100.000 galloni.
Nel frattempo iniziarono le riparazioni delle tre condutture principali che attraversavano l’Arno. Una di queste, in una galleria sotto la pescaia di San Niccolò, dovette essere temporaneamente abbandonata a causa della piena del fiume per poi essere completata alla fine di settembre. Sopra la pescaia fu posato anche un temporaneo tubo saldato da 18 pollici, fissato con staffe d’acciaio inserite in fori praticati nella pescaia stessa. La condotta resistette a molte sollecitazioni fino a quando la piena record del 2 novembre non vi aprì un varco di ben 25 metri.
L’11 settembre fu installato un generatore da 400 KW e tre condutture di servizio attraverso il fiume furono completate. Quando i detriti furono rimossi dalla coppia di condutture del Ponte Vecchio, furono individuate una dozzina di rotture. Anche la vasca di filtraggio e il relativo canale furono riparati. Quel giorno, per la città, furono pompati 3.800.000 galloni d’acqua, prosciugando i pozzi. Anche le vasche di filtraggio furono riempite. In quattro giorni l’acqua cominciò a passare, e il 21 settembre di galloni ne furono pompati 7.000.000, il massimo normale per quel periodo dell’anno.

La stazione di approvvigionamento idrico danneggiata di Mantignano, a sud-ovest di Firenze. By Sgt. Palmer – No. 2 Army Film and Photo Section, Army Film and Photographic Unit – IWM NA 017788


Nel frattempo, i lavori per l’impianto di Mantignano erano in corso. Il 6 settembre, la squadra di ricognizione si avvicinò seguendo le strade bianche e polverose: fu fermata per ben tre volte dalla polizia per aver superato il limite di velocità di cinque miglia all’ora, e all’arrivo fu accolta da un paio di persone.

Un soldato esamina i motori elettrici danneggiati nella stazione di approvvigionamento idrico di Mantignano, a sud-ovest di Firenze. By Sgt. Palmer – No. 2 Army Film and Photo Section, Army Film and Photographic Unit – IWM NA 017791


Tutti i pozzi si erano sollevati e avevano allagato i motori delle pompe. Due delle pompe principali erano funzionanti e sufficienti per le esigenze del momento. Cinque miglia di linea aerea avevano quasi tutti i fili staccati, e i pannelli di controllo a bassa tensione erano stati devastati da una granata, ma i trasformatori e i dispositivi di commutazione ad alta tensione erano intatti. In un punto una granata aveva fatto saltare la conduttura. L’acquedotto con la sua conduttura da 28 pollici giaceva nel letto del fiume Greve.
I lavori iniziarono il giorno dopo, così come i due tubi d’acciaio da 18 pollici, che furono posati attraverso l’Arno nel tratto sotto al triplice “Bailey” presso il Ponte alla Vittoria.
Per passare rapidamente la Greve, le bocche dell’acquedotto su entrambi i lati del fiume furono unite da un tubo da 16 pollici su una passerella. Quest’ultimo fu poi sostituito da un tubo in acciaio da 39 pollici su un ponte alto 30 piedi.
Il 18 settembre tutto era pronto e si iniziò a pompare, ma il mattino seguente si verificò una rottura a un miglio di distanza dalla linea. A questa ne seguì un’altra e solo il 24 settembre fu possibile pompare regolarmente 5.000.000 di galloni al giorno. L’acqua era capace di arrivare fino all’ultimo piano di edifici di 5 piani; quelli più alti avevano le loro pompe di rilancio.
Furono riparate varie altre tubature minori e si riavviarono le pompe dei serbatoi, permettendo di portare l’approvvigionamento idrico di Firenze alla normalità – tranne in caso di mancanza dell’elettricità, cosa del tutto normale.

Energia elettrica

a. Le attività del 5th Army Engineer Corps

Due gruppi elettrogeni da 400 KW arrivarono il 7 settembre su camion da 40 tonnellate e furono montati su fondamenta di legno affondate nel terreno: il primo entrò in funzione l’11 settembre mentre l’altro fu pronto per il 13, ma questo dovette essere cannibalizzato per mantenere in funzione il primo, in attesa della fabbricazione di diverse parti di ricambio resesi necessarie.
Sistemare in opera i gruppi elettrogeni non fu cosa semplice: le ruote anteriori del trattore si sollevarono diverse volte perché le guide di legno sotto i gruppi erano larghe appena 6 pollici, e creavano un attrito molto elevato.
I gruppi elettrogeni arrivarono senza i trasformatori di dotazione; fu necessario adattare quelli locali. La Valdarno Electric Company ne produsse 4 da 260/9.000 V x 300 KW, modificandoli con l’eliminazione del “centro stella”: due di questi in serie portavano la tensione da 400 V a 6.800 V, mentre altri autotrasformatori tramviari da 6.800/10.000 V portavano la tensione ad un livello ottimale per il collegamento alla rete.
La ricerca di cavi a bassa tensione richiese un po’ di tempo; non fu possibile trovare nulla di sezione sufficientemente grande. Alla fine i gruppi avevano tre cavi in parallelo per ogni fase fino al quadro elettrico, e cinque cavi per ogni fase da lì fino ai trasformatori – non era certamente un’installazione conforme alla prassi “normale”, ma funzionava.
La fornitura principale di energia proveniva dalla centrale di Nera Montoro, 110 miglia a sud, e fu portata a Firenze il 17 settembre. La centrale idroelettrica situata nella valle sotto la città di Narni era l’impianto che forniva elettricità a Roma, Firenze e a molte altre grandi città del Nord Italia e non fu danneggiata dalle truppe dell’Asse in ritirata verso nord. Accanto a questo impianto correva la strada Roma-Berlino, che subì le demolizioni tedesche.

La centrale elettrica di Nera Montoro nel 1939

La maggior parte del lavoro di ripristino della linea aerea fu svolto dalla 540th Electrical and Mechanical Company, R.E., of No. 1 District, ma 50 campate della linea, molto malridotta, furono sistemate dal 92nd Engineer Regiment. L’elettricità fu portata da Nera Montoro a Casalnuovo con la catenaria a 60 KV, quindi da Casalnuovo a Firenze abbassando la tensione a 30 KV tramite un trasformatore da 3.000 KW appositamente installato.

20-06-1944 – La centrale idroelettrica situata nella valle sotto la città di Narni era l’impianto che forniva elettricità a Roma, Firenze e a molte altre grandi città del Nord Italia e non fu danneggiata dalle truppe dell’Asse in ritirata.
No. 2 Army Film and Photo Section, Army Film and Photographic Unit – Photographer Sgt. Fox
Copyright: © IWM. NA 16319 Original Source: http://www.iwm.org.uk/collections/item/object/205530859
14-06-1944 – La centrale idroelettrica di Nera Montoro, non lontano dalla città di Narni, e il vicino ponte fatto saltare dai tedeschi in ritirata. No. 2 Army Film and Photo Section, Army Film and Photographic Unit – Fotografo Sgt. Fox Copyright: © IWM. Fonte originale: http://www.iwm.org.uk/collections/item/object/205530779 (NA 16237)

Gli italiani avevano salvato i grandi trasformatori di Casalnuovo seppellendoli sotto masse di detriti, e tre mesi di esposizione alle intemperie avevano fatto entrare molta acqua nell’olio d’isolamento contenuto all’interno: furono necessarie notevoli interventi di riparazione tanto che, al 17 settembre, il primo non era ancora pronto. Per questa data, 56 cabine elettriche a Firenze erano state collegate e 31 erano alimentate con una potenza di picco di 3.000 KW. Entro il 14 novembre, le cabine collegate raggiunsero le 172 unità, 104 delle quali energizzate e tutti gli accorgimenti per mantenere il carico entro i 7.000 KW assegnati erano operativi.

b. Il ruolo del corpo del South African Engineer Corps

Il South African Engineer Corps, come sempre, fu in prima linea e le truppe del SAEC Corps sotto il tenente colonnello Jack Scott contribuirono notevolmente all’apertura delle linee di comunicazione per assicurare i rifornimenti al XIII Corpo, necessari alla sua avanzata da Cassino a Firenze.
Le operazioni della 5th Army americana e dell’8th Army inglese in Italia richiesero un’enorme quantità di depositi dell’Engineering, non solo per assicurare la capacità di combattimento e la manutenzione della rete viaria in costante aumento, ma anche per la costruzione delle grandi installazioni di base necessarie per il mantenimento delle due armate. Per aumentare i livelli di produzione in Italia, i lenti metodi di produzione impiegati dagli italiani avrebbero dovuto essere rivoluzionati. Quando la 6th Armored Division SA raggiunse Firenze, numerose fabbriche in Italia divenirono “sotto nuova gestione”: con lo staff dell’Engineering SA a direzione dello stabilimento, e con maestranze civili.
In quest’ottica, lo staff di produzione dell’Engineering fu incrementato e ad esso furono assegnate 80 Engineer Base Workshops (EBW) con 12 ufficiali e 200 uomini sotto il comando del tenente colonnello Campbell-Pitt. Furono creati due Distaccamenti, Est e Ovest, uno su ciascun versante degli Appennini; le aziende italiane gestite in modo inefficiente furono rilevate per essere portate avanti con manodopera diretta, oppure per impiegare l’intera fabbrica su base contrattuale.

Rete viaria

Le vie di comunicazione militari erano nel complesso in buono stato, e questo livello fu mantenuto e migliorato. Gli accessi al Ponte Vecchio dovettero essere sgomberati, in primo luogo per consentire le riparazioni delle tubature e in secondo luogo per consentire l’utilizzazione di questo passaggio sull’Arno al traffico civile.

Firenze, la zona dal Ponte alla Carraia al Ponte alle Grazie in una mappa del 1937
Pianta della Città di Firenze 1937 – Fonte Istituto Geografico Militare


Nonostante gli sforzi della Fine Arts Society per convincere che l’arte fosse più preziosa dell’acqua o della libertà di movimento, l’accesso orientale all’estremità sud di Ponte Vecchio fu completato il 6 settembre. Lungo questa strada si trovava la Biblioteca Colombaria, con il suo piano terra ancora in piedi, e anche i resti della Torre Ghibellina, due angoli soltanto, uno verticale e uno fuori asse, inclinato di 2 gradi.
Si iniziò a lavorare con una pala da 3/8-yard, ma era troppo lenta e furono portati due bulldozer D-7 che spinsero le macerie nel fiume. La biblioteca fu costeggiata con grande attenzione, ma durante lo sgombero delle macerie non furono trovati libri di valore sulla strada o tra i detriti ai lati. I rappresentanti italiani della Fine Arts Society lavorarono in stretta collaborazione con i reparti dell’Engineering, fermando spesso i bulldozer per controllare cosa venisse spinto via.
Dei circa 10.000 volumi e degli oltre 4.000 oggetti vari di proprietà de “La Colombaria”, solo 1071 furono salvati e sono attualmente conservati presso l’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”.
Non era sicuro per i mezzi avvicinarsi all’angolo pericolante della Torre Ghibellina. Per deciderne la sorte fu istituita una commissione, alla presenza del Vice Comandante del presidio di Firenze e ne fu deliberato l’abbattimento. L’altro angolo, sentendosi solo, cadde da sé un secondo dopo.
L’accesso a nord fu sgomberato il 23 settembre con una pala da ¾-yard fino al 19, poi da 3/8-yard. Furono sgomberate undicimila iarde cubiche di macerie; seimila ne furono rimosse dall’accesso sud, con una pala da 3/8 e un bulldozer D-8, ma le macchine furono ritirate per lavori operativi e lo sgombero fu poi terminato dalle maestranze cittadine. Per questi ultimi due lavori, la Fine Arts Society lavorò in stretta collaborazione coi reparti militari, puntellando gli edifici che desiderava preservare, ben prima dell’inizio del lavoro delle macchine operatrici; una squadra comunale seguì queste macchine costruendo un muro di contenimento a secco in macerie su ogni lato della strada. Uno degli operatori della pala da ¾-yard ebbe un colpo di fortuna durante il lavoro, raccogliendo con la benna una Tellermine tedesca intrappolata tra le macerie, troncando a metà l’accenditore a strappo tra il percussore e l’innesco. Più tardi, uno dei muratori estrasse una “S-mine” gettandola via ignorando cosa fosse: fortunatamente non esplose, anche se uno dei rebbi del detonatore si piegò nel toccare terra.

Fognature

L’indagine iniziale rivelò 2400 metri di fogne danneggiate, di dimensione variabile da 1 a 3 metri, alcune delle quali si trovavano a 6 metri sotto il livello stradale. Queste si trovavano principalmente nelle vicinanze delle stazioni ferroviarie e dei cantieri. I lavori di sgombero per garantire il flusso delle fogne principali furono eseguiti dalla manodopera civile sotto la supervisione dei militari. I lavori di ricostruzione iniziarono il 7 settembre 1944 con contratti stipulati dall’autorità civile locale; tutti i materiali furono forniti e trasportati sul posto dall’esercito.
Grande difficoltà fu riscontrata nel reperire un numero sufficiente di muratori; Firenze ne aveva pochi, e si dovettero setacciare aree fino a 10 miglia di distanza. La manodopera impiegata in questo lavoro non superò mai le 384 unità, mentre se ne sarebbero potute impiegare facilmente 500. Le fogne piene a causa della pioggia ritardarono notevolmente il lavoro: con l’avanzare del ripristino, furono riscontrati danni minori che aumentarono la lunghezza totale danneggiata a 2.536 metri.
Il 6 novembre, la carenza di cemento rese necessario l’abbandono di tutte le fogne nelle zone disabitate; fino a quel momento ne erano stati completati 1100 metri, e altri 150 erano stati riparati fino al livello dell’arco. Nei due mesi di questa attività, furono utilizzati 13.000 mattoni e furono consegnate al cantiere 1410 tonnellate di cemento, sabbia e aggregati.

Bonifica di mine e trappole esplosive

Il 158th Bomb Disposal Platoon, sotto il comando del tenente Comyn, svolse un lavoro eccezionale, sempre in prima linea e spesso davanti alle Division Field Companies.
Il 18 agosto, mentre stavano rimuovendo le mine tra le macerie del Ponte Rosso, con la copertura di un plotone di fanteria nelle case sul retro, arrivò la 238th Field Company per sostituirla. Il tenente Comyn ritirò il suo gruppo, tranne i suoi uomini di vedetta, e portò gli ufficiali della 238th Field Company tra le macerie per mostrare come venivano cercate le mine. Stava per disarmare una Schumine quando una squadra suicida tedesca aprì il fuoco su di lui; il geniere Smith, una delle sue vedette, uccise un tedesco con il primo colpo e impedì che l’altro potesse mirare con precisione. Il plotone di fanteria aprì il fuoco e gli ufficiali si salvarono tutti.
In questo lavoro di sminamento fu trovato un nuovo uso per i vecchi attrezzi: le pinze furono trovate eccellenti per disattivare le Schumines.
Durante il periodo dal 12 agosto al 7 ottobre, furono rimosse le mine e le trappole esplosive di cui sotto:

  • Tellermines 457
  • Schumines 430
  • “S” Mines 426
  • Made up Anti-Tank Charges 37
  • Italian Wooden Box Mines 14
  • Stock Mines 11
  • Booby Traps 158

Totale 1,533


Il gruppo di artificieri civili della città svolse peraltro un ottimo lavoro di rimozione delle mine tra le macerie di Ponte Vecchio, sotto la supervisione di questo plotone.

Welfare e ospedali

Tra il 20 e il 29 agosto furono iniziati i lavori in tre hotel, un club e la stazione ferroviaria, che divenne Fifth Army Rest Center della 5th Army. L’ospedale di Careggi, la Royal Reception Hall alla stazione ferroviaria, per il NAAFI, e la conversione di un Autoparco in un British Rest Center iniziarono a settembre.

Bibliografia

[1] – 1943 – 1945 La liberazione in Toscana – la storia la memoria – Giampiero Pagnini editore 1994
[2] – Firenze in guerra 1940-1944 a cura di Francesca Cavarocchi e Valeria Galimi – Firenze University Press 2014
[3] – Engineer History – Mediterranean Theater – Fifth Army 1945
[4] – QUELL’AGOSTO DEL ’44 – Testi e ricerche di Maurizio Dell’Agnello e Matteo Mengoni – Disegni di Roberto Fiordiponti
[5] – Victory in Italy – Neil Orpen
[6] – THE CORPS OF ROYAL ENGINEERS: ORGANIZATION AND UNITS 1889—2018 Graham E. Watson, Richard A. Rinaldi